Ricordo che a 20 anni comprai un libro, era di una saggista inglese, Noreena Hertz, e parlava del pensiero che stava dietro al movimento no global, e dopo averlo letto pensai che le cose che diceva era un po’ diverse da quelle che avevo capito guardando la tv. Questa cosa mi colpì perché era abbastanza evidente come informazioni che sarebbero dovute circolare in realtà venivano distorte, omesse o semplicemente nemmeno ne si parlava.

Così è sempre, l’uomo è una spugna capace di assorbire infinite informazioni, ma spetta a lui decidere di cosa impregnare il suo cervello, spetta a noi scegliere le fonti di informazioni. Funziona così, esistono le informazioni e poi ci stanno le persone che vi possono accedere, a qualcuna più facilmente e ad altre con più difficoltà, a parte cose secretate e molto di nicchia. Basta andare dietro nel tempo di qualche decennio per rendersi conto quanto internet abbia cambiato le cose, se nel 1970 qualcuno avesse voluto sapere qualcosa, che ne so, sullo scioglimento del ghiaccio sul monte bianco, o sul consiglio di amministrazione di una marca comprata da lui abitualmente, avrebbe trovato le informazioni ma ci avrebbe impegnato del tempo, mentre ora Mr. Google permette di effettuare ricerche abbastanza facilmente, concordate?

Fermo restando che ognuno è libero di fregarsene e comprare cosa vuole, ci sono cose che un po’ mi urtano, tipo quando scatta l’indignazione per un qualcosa che si poteva immaginare. Parliamo del caso Moncler che tanto ha infiammato i Social in questi giorni, anche se al posto di questo marchio ci potrebbe essere stato quasi chiunque altro che produce piumini. I consumatori pensavano davvero che i tizi addetti alla produzione di piumini andassero per campi raccogliendo le piume perse dai volatili? No, perché a leggere le decine di status pare di si, per non parlare di commenti sulla pagina ufficiale FB del marchio. Io posso capire l’indignazione, io stessa dopo aver saputo certe cose non compro più cose in piuma d’oca, ma ormai essere consumatori inconsapevoli è sempre più difficile.

La legge non permette ignoranza, e questa cosa un po’ vale anche con gli acquisti, il mercato è fatto di domanda e offerta, è sempre stato così e sempre sarà, il consumatore chiede una cosa ed io azienda mi adeguo. Consumatori consapevoli creano aziende più indirizzate verso il meglio, e non serve una laurea in economia per capirlo. Prendiamo le pellicce, ormai tante aziende creano capi con eco pelliccia perché il consumatore ha iniziato a capire che gli allevamenti di cuccioli per un collo di un giubbotto non erano eticamente il massimo, però nonostante si pensa che tutti sappiano della realtà della pelliccia, ogni tanto qualcuno si sconvolge alla scoperta che animali vengono uccisi per creare prodotti. Parliamo di uova: ogni uovo è marchiato con un codice che indica come viene allevata la gallina che lo produce e la legenda del codice ci sta in ogni confezione, quindi io consumatore decido di comprare uova di galline che vivono una vita di sofferenza invece di spendere 50 centesimi in più e comprare uova da galline allevate all’aperto. Lo scelgo perché non si può dire che non lo so, ci sta scritto e si deve sapere.

Potrei continuare ma diventerei noiosa e prolissa, ma facciamo così, prima di comprare informatevi. Ognuno è libero di fare le scelte che ritiene migliori per se stesso, la propria famiglia ed il proprio portafoglio, ma indignatevi prima di strisciare il bancomat, non dopo.